Nei paesi sviluppati si investono risorse per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie sempre più green (speriamo non diventi marchio registrato) puntando all’impatto zero. I dispositivi tecnologici dovrebbero consumare sempre meno (curioso però che uno smartphone si consuma in meno di 24 ore, mentre un cellulare di vecchia generazione dura anche una settimana), ma fanno talmente tante cose inutili da rendere la cosa irrilevante; si riducono i design proprietari adottando standard condivisi; le automobili devono emettere sempre meno quantitativi di CO2; bisogna separare i rifiuti il più possibile e riciclare sempre più.
Ma questo ci rende a impatto zero?

Si continua a correre adottando toppe su toppe. Si va sempre avanti e lo stesso andare avanti continua a produrre CO2. Ogni azione, ogni ricerca, ogni progresso tecnologico ha un costo in CO2. E’ davvero indispensabile tutto questo, o si potrebbe seguire una linea più lungimirante? Fermiamoci per capire cosa significa impatto zero.
Vi prego di non fare deduzioni affrettate. Non sto negando l’utilità della ricerca. La stessa Permacultura matura attraverso una continua ricerca e sperimentazione!
Non produrre rifiuti = impatto zero
Il sesto principio della Permacultura è un consiglio davvero prezioso: non produrre rifiuti.
La necessità di tutte queste toppe deriva dall’inerzia di un comportamento malsano.
Noi possiamo consumare ciò che è davvero importante per noi ed essere liberi dalla schiavitù indotta dai modelli di consumo; usare con intelligenza le risorse senza buttare l’esistenza alla ricerca di soluzioni a problemi che si risolvono volgendo l’attenzione alla fonte; stimolare le attività locali, vivere la comunità, conoscere il nostro vicino; smettere di fare i pendolari per andare da una parte all’altra della città…di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe.
Su cosa si fonda questo paradigma? Mettere in tasca delle banconote per acquistare cibo, beni e servizi? E mettere su famiglia per insegnare ai figli questo modello di schiavitù alienante?
La prima preoccupazione alla fine è mettere del pane sotto ai denti. Paradossalmente, nonostante questo, non ci si cura nemmeno di che pane si sta mangiando.

Gli alimenti veri, più ricchi, sono quelli ancora vitali, mangiati appena colti: la loro Vita comincia a scorrere dentro di voi, il loro gusto vi fa vibrare.



Tutto ha un costo in CO2
Un impiegato in un’azienda non è solo un costo finanziario per l’azienda, ma è anche un costo in CO2 per il pianeta. La sua stessa vita, per fare il lavoro che fa, lo costringe ad alimentare quello stesso sistema logorante…è un circolo vizioso.
Ogni prodotto in commercio mette in moto una notevole quantità di industrie: dalla ricerca, alle materie prime, alla lavorazione, assemblaggio, impacchettamento, smistamento, distribuzione, fino a voi che in macchina andate a comprarlo al negozio.
Questo è il costo reale per il pianeta di ogni singolo oggetto che possedete. Domanda retorica: possiamo ancora permetterci questo lusso?
Sì il lusso possiamo permettercelo, ma volgendo l’attenzione a ciò che davvero ha valore. Continuare con l’attuale modello di consumo porterà alla fine di questa era: avete pagato il costo dell’oggetto, ma ancora non avete pagato il costo reale…avete fatto i conti senza l’oste. Quell’oste si chiama Madre Natura. Tramite i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale e le catastrofi naturali sempre più frequenti, la Terra si sta facendo sentire.
Il sesto principio è corredato dai proverbi:
“Il risparmio è il miglior guadagno” e “Un punto in tempo ne salva cento”