Immaginate una foresta, sì tipo Sherwood, ma Robin non c’entra niente: ci sono alberi, piante, erbe, funghi…ora pensateli tutti commestibili. Dicesi “forest gardening”. Non serve spiegare altro, è proprio come lo state immaginando. E’ un sistema antico rodato nelle aree tropicali, ma il sistema può essere realizzato anche in altri climi, intervallando opportunamente le piante di varia forma (altezza, dimensione) per garantire il corretto approvvigionamento energetico (sole, acqua, terra, ecc.) e consociandole per un supporto sinergico fra loro (protezione, raccolta e rilascio di sostanze utili, ecc.).
Le foreste di cibo sono ben note alla Permacultura. Qui trovate vari articoli che ho scritto come introduzione alla Permacultura.
Le foreste sono organismi viventi. Sono un ecosistema praticamente a ciclo chiuso o circolo virtuoso: tutto quello di cui abbisognano è prodotto all’interno e ogni scarto finisce per nutrire parte di questa complessità di flora e fauna.
Noi esseri umani siamo in grado di costruire cose straordinarie, ma quando si tratta di collaborare con la natura facciamo sempre una certa fatica. Il nostro metodo è basato sullo sfruttamento di qualcosa, spesso senza nemmeno assicurarsi di offrire il tempo a quella cosa di rigenerarsi continuando a servire le nostre esigenze.
Da qualche decina di anni si è sviluppata una controtendenza, o meglio un approccio alternativo.
Si è preso coscienza della realtà vivente che abbiamo intorno e di come siamo di fatto in simbiosi con essa. C’è ancora una visione un po’ quantitativa in questo: si consuma con più sensibilità, ma non ci si cura ancora della provenienza e del trattamento riservato alla fonte. Importante è fare il prossimo passo ed avere anche la visione qualitativa.
Per riassumere: ciò che è fatto con amore vi nutre amorevolmente. Insomma, se all’origine c’è cura, rispetto, igiene, ecosostenibilità, ecc. tutto questo si riverserà nell’alimento in tavola, come alimento di altissima qualità.
Oggi non siamo ancora indipendenti dal cibo e per creare nuove zone coltivabili o allevabili, rasiamo al suolo foreste. Tutto questo è molto comodo e risponde facilmente alla voglia di “tutto e subito”. E’ ormai chiaro a molti, ma non ancora a tutti o non ancora in maniera davvero cosciente (perchè un conto è essere eruditi, un conto è essere saggi), che questa via è malsana.
Proprio perchè siamo molto eruditi, perchè la scienza e la tecnologia negli ultimi decenni hanno fatto passi da gigante, abbiamo ampie capacità per muoverci in direzioni nuove.
Pubblico le foto di alcune pagine tratte dal libro Edible Forest gardens di Dave Jacke.








Come uomini possiamo osservare questi ecosistemi e cooperare con la natura. Gli animali lo fanno da sempre senza porsi dubbi, noi dubitiamo da sempre e ci muoviamo come elefanti in una cristalleria. La natura è maestra ed è un grande libro da leggere. Va servita come lei serve noi.
Una foresta di cibo è più che un giardino coltivato o un orto annuale. Si dà vita ad un grande organismo vivente. Se ben progettata, può sostenersi in gran parte da sola. In un orto siamo lì che ripuliamo per ripartire ogni anno praticamente da zero, facendo molta fatica. Si dice che “l’orto vuole l’uomo morto”. Nelle foreste di cibo diamo un impulso, certo non banale e non senza fatica, ma una vita ha inizio: una vita che chiama altra vita, sia flora che fauna. Si tratta di replicare la struttura e le funzioni di questo ecosistema per trarre, noi e ciò che ci circonda, enormi benefici!
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