Equilibrio e natura, natura è equilibrio

In Filosofia, Natura

Immagine: http://www.forestwander.com/2011/09/autumn-mountain-foliage/

Avete mai provato ad aprire una scatola di tonno in mezzo ad una strada di città? Ecco comparire una banda di gatti randagi pronti con forchetta e coltelli a banchettare.
Avete mai provato a rovesciare un po’ di mondezza in mezzo ad un campo? Ecco comparire una nuvola di mosche che non aspettavano altro.

Questi animali erano già in zona ovviamente, ma dislocati in maniera eterogenea. Con il vostro intervento avete creato uno squilibrio, avete spostato il pendolo tutto da una parte, e per semplici forze di natura o principi di fisica, il pendolo deve ricadere, finchè non sia raggiunta la stabile situazione precedente: i gatti si leccano i baffi e se ne vanno, le mosche, come particelle gassose, si disperdono nuovamente nell’ambiente circostante.

Avete mai provato a piantare qualche ettaro in monocultura? Tipo un bel frutteto di sole mele?
Ecco comparire infestazioni di insetti e malattie. E proprio i meleti sono tra le colture che subiscono più trattamenti ogni anno, tanto che gli stessi raccoglitori col cuore in mano vi confesseranno che non hanno il coraggio di mangiarle.

Perchè? La risposta è la medesima di prima: con il vostro intervento avete creato uno squilibrio in un’area prima dominata da un ecosistema naturale, spontaneo, stabilito da decenni, perfettamente integrato in quella zona geografica e ben sposato al clima della stessa.

La natura cerca di riportare l’equilibrio. Equilibrio e natura. Si accorge che qualcosa non va, che i conti non tornano, e, con un’intelligenza che l’uomo ancora stenta a comprendere o anche solo ad accettare, interviene prontamente prima che la situazione peggiori.
E ovviamente noi pensiamo bene di contrastare il suo intervento, forzando la mano in vari modi: pesticidi, diserbanti e altri approcci non lungimiranti.

Funziona esattamente come l’organismo umano.
Avete mai provato a partire per il Giappone? Il primo giorno sarete rincoglioniti dal cambio del fuso, e così per qualche giorno, finchè l’organismo non si sarà riadattato.
C’era un equilibrio precedente al viaggio che perdurava da anni o mesi (se siete assidui viaggiatori), e con il vostro drastico spostamento, lo avete alterato. L’organismo reagisce perchè appunto “sente” che qualcosa non torna. Voi forzate la mano rimanendo nel nuovo luogo e giorno dopo giorno quella condizione si acquieta.

La differenza però, è che quando si cerca di cambiare la natura di un luogo, portando avanti pratiche agricole innaturali, quella condizione non si acquieta affatto. La forza contro cui vi mettete è soverchiante e dovrete faticare follemente per cacciare sotto al tappeto i sintomi del problema.
E’ talmente squilibrato l’intervento, che la natura non vi concederà nulla, piuttosto arriverete a depauperare il terreno, a sterilizzarlo, distruggendo la macro e micro fauna/flora nativa. La manifestazione ultima di questa azione sarà la desertificazione.
E quello che vi rimane da fare, sarà, ogni anno, per far crescere qualcosa, drogare la terra. E avrete trasformato il terreno in un tossicodipendente.

Immagine: http://www.zsl.org/science/whats-on/making-london-nature-smart
Immagine: http://www.zsl.org/science/whats-on/making-london-nature-smart

Un agricoltore in queste condizioni è disperato, è asservito all’industria e al commercio. Ormai privo di competenze, si aggira nei campi per fare trattamenti vestito come un lavoratore di una centrale nucleare, seguendo le istruzioni del fornitore chimico, con maschere per non respirare i veleni che adopera, vivendo alla giornata e autoconvincendosi che quello che mette nel piatto è ancora un prodotto di qualità…sempre che non abbia un buon orto distinto dalla produzione commerciale, con cui nutre sè e la famiglia.

Lavorare secondo natura

Lavoriamo secondo natura, con la natura, non contro, perchè non abbiamo chance di vincere; perchè non c’è nulla da vincere. La battaglia è solo nelle nostre menti.
Se lavorate contro natura, state lavorando contro voi stessi, nel breve, ma soprattutto nel lungo termine.

La pensione non è quello che vi arriva a fine mese quando cessate l’attività lavorativa, ma i frutti della fatica di una vita con la coscienza che ogni vostra azione è stata rivolta al miglioramento delle condizioni dell’ambiente, della terra, degli uomini e di voi stessi. Allora sì che non avrete lasciato nulla in sospeso, non avrete rimorsi o risentimenti; vivrete in un mondo migliore dove il vostro ruolo ha lasciato dei segni apprezzabili e godibili, e sarete ormai pronti a qualsiasi cosa avvenga.

4 Comments

  1. Concordo pienamente, tanto che per avere un meleto ci siamo messi via noi i semi…..non compreremo piante, proveremo a metterli in condizioni a loro consone e non sarà monocoltura, li metteremo in mezzo a piante già esistenti e se vorranno crescere cresceranno. Purtroppo il caso dei meli che hai citato è davvero uno dei più tristi dal punto di vista delle coltivazioni, ormai di autoctono c’è veramente poco…..ti ringrazio, ti seguo sempre. Sara

    • Grazie del contributo Sara e della tua importante scelta etica.

  2. Cia0 Riccardo oggi mi sono sincronizzato con questa pagina. Che non conoscevo. E non per caso. Per circostanze. Errori di valutazione il terreno che abbiamo dista 90 km. da dove abitiamo attualmente. essere in citta’ , in affitto svenante perche’ casa su terreno non c’e’. Grande dispersione . Oggi se devo immaginare di costruire casa in campagna questa non puo essere che di legno calce e paglia bambu’. In rete ci sono molti stimoli,soluzioni concrete sul che fare e come fare.Depurazione e recupero acque. Quanto possa essere attuato del patrimonio collettivo. I tuoi avvertimenti mi arrivano con il suono della concretezza raccolta sul campo. Non voglio lamentarmi perche’ so solo che una casa forse la concretizzero’ piu’ per mia figlia che per noi. Ci provero’. Le buone intenzioni sono insufficenti e illusorie spesso. Leggi molti contenuti sull’ impatto zero e vorresti essere un possibile realizzatore, concretizzatore. vediamo dopo il mio 57° anno come va.

    • Ciao Giovanni, grazie per questa condivisione. Alcune cose si muovono molto lentamente, nel nostro paese in particolare. Alcuni sono riusciti a trovare nell’amministrazione dei Comuni o delle Province un’elasticità quanto meno nel permettere di realizzare progetti agresti diciamo non convenzionali. Un esempio è l’orto di carta/microfattoria di Nicola Savio vicino Torino. In certi casi si deve scendere a compromesso realizzando piccoli annessi agricoli ecosostenibili (come dici tu tipo in legno e paglia), e, anche se sulla carta e ufficialmente non usabili come residenza o abitazione, renderli abitabili e starci.
      Quello che non si comprende ancora, anche perchè di esempi come questi ce ne sono pochi nel mondo e pochissimi da noi, è che l’agricoltura possa essere pensata e realizzata anche in piccola scala nel rispetto del pianeta e degli uomini, permettendo un’alta qualità della vita per una famiglia che sceglie la “via della natura” o la “via della permacultura”.
      Oggi ancora purtroppo se compri 6 ettari e tiri su 300 metri quadri con piscina per andarci 7 giorni l’anno nelle vacanze va bene; mentre se su 1 ettaro realizzi una struttura ecologica, socialmente utile, produttiva, indipendente, con recupero acqua, ecc. e vuoi viverci accontentandoti di 50 metri quadri su due livelli, per poter essere lì, gestendolo, curandolo e tutelandolo, rischi di rimanere bloccato in procedure burocratiche o di vederti rifiutare progetti o dover vivere poi al margine del legale…devo proprio dire che ti fa girare i c*****i.
      Io spero che tu possa incontrare una svolta, che possa trasmettere a tua figlia questa passione e questa sensibilità, e che lei, come me, e come tanti altri che lo desiderano, possa trovare le condizioni per realizzare tutto questo.
      E nel caso che queste non si trovino, non ci resta che crearle!
      Quando un sogno è bello, merita di essere realizzato.

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