“Uno fra tutti gli dèi è il massimo, ed anche tra gli uomini,
e dai mortali è diverso nel corpo e ancor più nel pensiero.”
Senofane
Questo dio era pure il dio dei misteri; si poteva chiamarlo un dio occulto. Infatti si era convinti che l’uomo esclusivamente materiale non potesse trovarlo in alcun luogo. Volgi i tuoi sguardi alle cose esterne: non troverai nulla di divino. Sforza il tuo intelletto: potrai forse scoprire le leggi secondo le quali le cose nascono e periscono, ma neppure il tuo intelletto ti mostrerà qualcosa di divino. Se impregnerai di sentimento religioso la tua fantasia, potrai creare immagini di esseri che prenderai per dèi, ma il tuo intelletto te le sciupa subito, dimostrandoti che le hai create tu stesso con materiale tratto dal mondo dei sensi.
Fintanto che osservi intellettualmente le cose che ti circondano, devi essere negatore della divinità, poichè Dio non esiste per i tuoi sensi, nè per l’intelletto che ti spiega i fenomeni materiali. Dio sta appunto occultato nel mondo come per incantamento e per trovarlo ti occorre la sua forza stessa. Tu devi risvegliare in te quella forza.
Ecco gli insegnamenti che riceveva un antico discepolo dell’iniziazione. E cominciava allora per lui il grande dramma cosmico nel quale veniva coinvolto con tutta la sua vita. Quel dramma non consisteva in nulla di meno che nella liberazione del Dio incantato.
Dov’è Dio? Ecco l’interrogativo che si presenta all’anima dell’adepto. Dio non è, ma la natura è. Nella natura bisogna trovarlo; in essa Dio ha trovato la sua tomba incantata.
Dio è amore: l’iniziando interpretava queste parole in un senso più alto. Infatti Dio ha portato l’amore al grado estremo. Ha donato se stesso in un amore infinito, si è effuso, si è frammentato nella molteplicità delle cose della natura: esse vivono, ed egli non vive in esse. In esse sta latente, ma vive nell’uomo. E l’uomo può sperimentare in sè la vita di Dio: se vuole che esso diventi accessibile alla conoscenza, l’uomo deve redimere creativamente tale conoscenza.
Ora l’uomo guarda entro se stesso; nella sua anima il divino opera come forza creativa, ancora privo di esistenza. Nell’anima esiste una sede nella quale il divino incantato può rivivere. L’anima è la madre che può concepire il divino dalla natura. Lascia quindi che l’anima sia fecondata dalla natura, ed essa partorirà un quid divino: questo nasce dal connubio dell’anima con la natura. Ora non si tratta più di un divino occulto, ma manifesto: è dotato di vita, di una vita che si può percepire, che è presente fra gli uomini. E’ lo spirito liberato nell’uomo, il rampollo della divinità incantata.
[…]
Questo è il grande segreto del discepolo dei misteri: che è lui stesso a liberare creativamente il suo rampollo divino, essendosi però in precedenza preparato a saper in effetti riconoscere quel rampollo divino creato da lui.[…] Il rampollo appare come nato verginalmente. Sembra che l’anima lo abbia partorito non fecondata. Tutti gli altri suoi frutti sono concepiti dal mondo dei sensi: qui il padre è visibile e tangibile, possiede vita sensibile. Soltanto il rampollo di Dio viene concepito ad opera dell’eterno, occulto Dio-padre.
Fonte: “Il Cristianesimo come fatto mistico e i misteri antichi”, Rudolf Steiner