La campagna non ha solo terra da lavorare. E’ anche un contesto fertile dove cercare di mettere a frutto le proprie idee. Pensare che cambiare vita e vivere in campagna significhi solo occuparsi di agricoltura o allevamenti è un approccio vecchio e morente.
E’ passato un anno dalla mia partenza e ora sto rivedendo con calma tutta l’esperienza vissuta. I due articoli precedenti che ho scritto sul “vivere con poco” hanno avuto molte visualizzazioni e piacevoli apprezzamenti.
Oggi voglio affrontare alcuni temi che vanno a braccetto con la possibilità di cambiare vita. A dir la verità non si dovrebbe nemmeno parlare di cambiare vita. La vita è sempre la stessa, siamo noi in coscienza che evolviamo e andiamo in direzioni nuove, scopriamo nuovi campi (in tutti i sensi) e ci lanciamo in nuove sfide.
Pensare di lanciarsi in un impresa in campagna richiede molta capacità di progettazione e proiezione, ovvero un sapersi vedere in futuro pianificando i propri passi accuratamente.
Ho visitato alcune aziende agricole, ho ascoltato sia imprenditori che padri di famiglia, ho vissuto quotidianamente insieme a loro, osservandoli. Ognuno ha i propri sogni, obiettivi, le proprie ambizioni, i propri desideri, ecc. E non sono io a dire a voi quale scegliere. Ma condividendo queste esperienze sento di poter essere utile.
Per sposare i vostri progetti con la campagna, dovete essere a conoscenza delle difficoltà che potete incontrare. Molte verranno fuori strada facendo, ma ciò che può essere facilmente evitato meglio saperlo subito. Insomma non ripetere errori già fatti, già visti e già superabili.
Burocrazia
Tutti cominciano con un amore e una volontà di condivisione, apertura, natura, goliardia, idillio…e dopo un po’ il loro motto diventa:
“La burocrazia ci divora. E’ un lusso riuscire a fare quello che si vuole. E’ più il tempo per la burocrazia che quello per la campagna, che finisce per ridursi ai ritagli di tempo.”
Se un tempo in campagna si facevano tanti figli, le famose braccia per lavorare, oggi un imprenditore dovrebbe fare un figlio commercialista, un figlio avvocato e un figlio pubblicitario. E poi qualcuno che lavori sul terreno 😀
Che battutacce che faccio!! Ma non è lontano dalla realtà. Alcune aziende di famiglie si muovono così. Un figlio è avvocato, l’altro è commercialista.
La fiducia
Meglio tutto in famiglia. Fuori di chi ti puoi fidare?
– Il commercialista pensa ai vostri conti, e se anche solo un giorno vi venisse il sospetto che vi stia fregando, comincerete ad avere incubi tutte le notti. Per non parlare di quando sbaglierà i conti e sarete chiamati alla gogna o a mettere le pezze.
– L’avvocato vuole 150 euro per scrivere una lettera a chi vi ha fatto l’impianto di depurazione delle acque, ma non vuole prendersi la responsabilità di un guasto in garanzia e dei danni derivati alla vostra struttura. Questi stessi ignorano la lettera sapendo che pochissimi in Italia si imbarcano sul Titanic della giustizia. Inoltre, se imbracciate una causa, oltre agli incubi vi farete il sangue amaro.
– L’esperto di marketing non è in grado di mettervi nero su bianco garanzie di ritorni di investimento e prendersi la responsabilità di campagne fallimentari. Dov’è la sua abilità? Nel saper vendere il fatto che lui sostiene di saper vendere. Quanto li sentite vicini a voi, ai vostri sacrifici e al vostro lavoro?
In Italia c’è ancora molta sfiducia verso gli altri. Non per una questione di principio, ma perchè è assolutamente fondata. Geniali e apprezzati i cervelli italici lo sono sempre fuori della penisola, integrati in team perfetti. Da noi nella collaborazione ci smerdiamo alla grande.
Ma non fatevi scoraggiare, ho visto aziende con un potenziale sfruttato forse al 10% e con grande incompetenza gestionale, e mi chiedevo seriamente come facessero a stare ancora in piedi. C’è davvero speranza per molti…forse
530.000 aziende fallite in 5 anni in Italia! Prima di questo decennio: avevi 100, con la crisi ti hanno tolto 50 e ora il TG dice che si sale dello 0,3 e stiamo uscendo dalla crisi! Si riparte alla grande! Ragazzi, mani al portafoglio vuoto che è il momento di investire.
Informatica
Ho dimenticato di aggiungere ai figli un valido supporto informatico. Ci sono imprenditori che all’età di 55 anni sono dovuti passare dalla carta al virtuale e ora impiegano ore a fare cose che prima facevano in 10 minuti. E l’orto va in malora, con tutto il resto!
Largo alla gioventù quindi. Tanti vorrebbero anche lasciare il posto a qualcuno, ma non trovano orecchi, menti, spiriti volenterosi.
Questa mattina in tv parlavano di un ragazzo del Mali, chiamato Sulemani, migrato sul territorio italico, rifiutato, clandestino. Dopo un anno riesce a farsi riconoscere, ottiene dei documenti e con un amico mette su un’impresa di yogurt. Acquistava inizialmente 15 litri di latte a settimana, ora ne acquista 250 e distribuisce il prodotto a negozi e privati, mi pare a Roma, in bici per non inquinare. Il suo sogno è aprire l’azienda nella sua terra d’origine. Ben fatto e in bocca al lupo Sulemani!